LA DANZA E LE FESTE IN RICORDO DELLE ORIGINI...

- KALEVARI (Il Carnevale)

- Vallet (le Ridde)

 

KALEVARI (Il Carnevale)

Nel calendario delle festività arbëreshë, il carnevale occupa un posto di rilievo. Carnevale, trovandosi nel cuore dell'inverno, periodo del freddo e della fame, rappresentava la festa popolare più importante dell'anno. Mediante le farse venivano manifestate all'intera popolazione le "malefatte" e i ''vizi" dei singoli individui e delle diverse categorie sociali presenti nella comunità. Costituivano essenzialmente un momento di radicale protesta e di denuncia sociale nei confronti dei gruppi dominanti che tenevano oppressa e divisa la popolazione. L'ultimo giorno di carnevale nei paesi di rito bizantino, corrisponde all'ultima Domenica di Quaresima. Tuttavia, suole essere festeggiarlo almeno esteriormente, anche il martedì e il mercoledì che precede le Ceneri. Nella zona dei paesi albanesi del Pollino, era consuetudine riunirsi di sera, in allegre compagnie cantando i vjershë davanti alla porta degli amici:
Oji ma sonde çë ky karnivall, zgiomi ndrikull e kumbar! - Ngreu e çel atë hilnar; s'erdha të ha, erdha se jemi kumbar; s'erdha se dua të pi, erdha se jemi gjiri!
(O madre, questa sera che è carnevale, svegliamo comare e compare! - Alzati e accendi la luce, non sono venuto perché voglio mangiare, sono venuto perché siamo compari; non sono venuto perché voglio bere, sono venuto perché siamo parenti).
La sera del martedì a San Demetrio Corone, comitive di giovani, in giro per il paese, annunciano la morte del Carnevale (zu Nikolla), un vecchio vestito di stracci che bussando di porta in porta veniva confortato da abbondanti bicchieri di vino e carne di maiale. Zu Nikolla veniva rappresentato ogni anno il mercoledì delle cenere con la celebrazione del suo funerale: un corteo che sfilava per tutto il paese dietro la bara dell'ex ghiottone, Davanti, a guidare il corteo, c'erano il "prete" e la "vedova" con il figlioletto in braccio, che inscenava "lamenti strazianti" e "pianti a dirotto". A Cervicati e Mongrassano nei giorni di Carnevale è fatto divieto di lavorare e chi trasgredisce questa regola e viene sorpreso, una volta incatenato, si trascina per le vie del paese e la sua liberazione si ottiene solo dopo un'abbondante bevuta e aver assaggiato i tipici prodotti locali a base di salami e formaggi. Caratteristica di questi paesi è l'esecuzione nei giorni di Carnevale della "Vala" (ridda) con i sontuosi costumi tradizionali arbëreshë.
A S.Benedetto Ullano, la tradizione vuole che gruppi di giovani rappresentanti i dodici mesi dell'anno, guidati da un loro padre, sfilino per le vie del paese a cavallo di somari e, fermandosi negli spazi più ampi del paese recitino in albanese le caratteristiche e la funzione di ciascun mese. Grande interesse e partecipazione suscita il Carnevale che si svolge a Lungro. Anche un'antica rapsodia albanese, "kënga Skanderbekut", mette in evidenza la consuetudine di riunirsi e consumare varie prelibatezze:
Por më ish ndë Karnival. / Skanderbeku një menat / po m'e mbjodhi shokërinë ,/ e m'e mbjodhi e m'e mbitoj / me mish kaponjsh e lepuresh, / me krera thllëzazish, / me filìjete me shtjerrazish
(Era il periodo di Carnevale / Skanderbeg una mattina / radunò la compagnia / e la invitò a banchetto, / con carni di capponi e di lepri, / con teste di pernici, / con fianchi di vitelli).

 

Vallet (le Ridde)

Secondo la tradizione queste feste sono state stabilite per rievocare una grande vittoria riportata da Giorgio Castriota Skanderbeg contro gli invasori turchi, proprio nell'imminenza della Pasqua cristiana. La vallja consiste in una danza popolare, formata da uomini e donne vestiti in costume tradizionale arbëresh, che tenendosi a catena per mezzo di fazzoletti e guidati all'estremità da due giovani, chiamati "flamurtarë" (portabandiera), si snodano per le vie del paese eseguendo canti epici, rapsodie tradizionali, canti augurali o di sdegno per lo più improvvisati. Il ritmo della danza a volte grave e a volte aggressivo si rintraccia soprattutto nella "vallja e burravet" (la danza degli uomini). Questa vallja è composta da soli uomini che tratteggiano e ricordano nei loro movimenti la tattica di combattimento adottata da Skanderbeg per catturare il nemico. La vallja, si svolgeva anticamente in quasi tutti i paesi arbëreshë il pomeriggio della Domenica di Pasqua, il lunedì e il martedì. Attualmente ha luogo, quasi solo il martedì dopo Pasqua, "Vallja e martës së Pashkës"; principalmente nelle comunità di Civita, Frascineto, Ejanina e in parte S.Basile e Firmo. La Vallja compie fantasiose evoluzioni, e con improvvisi spostamenti avvolgenti "imprigiona" qualche cortese turista che, di buon grado, offre generosamente nei bar per ottenere il "riscatto''. Essi, quali nobili "bulerë" vengono ringraziati con i seguenti versi ed altri improvvisati al momento:
Neve kush na bëri ndër / akuavit na dha për verë, / Po si sot edhe nga he-rë / shpia tij mos past vrer!
(A noi chi fece onore / non diede vino, ma liquore./ Come oggi e in ogni tempo / la sua casa non abbia sventura).