Il
Castello domina l'abitato di Vibo Valentia
e si affaccia su tutta la valle del Mesima. Sorge sulla collina dove era situata
l'antica Acropoli della città magnogreca di Hypponion
ed ha la forma di una nave con possenti torri cilindriche e bastioni speronati
di età angioina. Edificato secondo alcuni già in epoca normanna
o in seguito alla ricostruzione della città ad opera di Federico II,
dopo il 1240, il castello presenta elementi di vari stili architettonici a
causa dei numerosi rimaneggiamenti effettuati nelle diverse epoche.
Nel periodo delle lotte tra Manfredi e Pietro Ruffo per il predominio sulla Calabria, proprio nel castello di Monteleone venne rinchiuso l'ambasciatore di Manfredi, Guglielmo di Frosina, decano del capitolo di Nicastro. Dopo la morte del sovrano però molti abitanti, a causa delle pesanti tassazioni, abbandonarono la città tanto che re Carlo d'Angiò ordinò misure per arrestare tale esodo.
Il castello ha visto succedersi una lunga serie di proprietari: ceduto, insieme a Monteleone, ad Eustasio de Erdicurt nel 1276, venne restituito già nel 1277 ad Alferio di Monteleone, quindi la sua custodia fu assegnata a Pietro di Bellovicino a cui successe Herricectus de Nicito nel 1283, mentre il capitano della terra di Monteleone era il cavaliere Giovanni Furet. Nel 1429 capitano della terra di Monteleone era Francesco Ramulo di Amalfi mentre il castello venne rivendicato da Ciarletta Caracciolo che ne divenne governatore e castellano.
Nel 1494 Carlo d'Aragona, luogotenente in Calabria Ultra, ordinò il restauro delle mura del castello, nell'ambito più ampio delle fortificazioni del Regno in attesa dello scontro con Carlo VIII. Nel 1501 il feudo fu venduto da re Federico d'Aragona ad Ettore Pignatelli e la famiglia Pignatelli lo conservò fino al 1806, quando fu abolita la feudalità.
Il
castello fu restaurato nel 1974. Riaperto al pubblico nel 1995, è sede
degli uffici della Soprintendenza archeologica della Calabria e del museo
archeologico di Vibo Valentia.
La torre poligonale è la parte più antica del castello ed è l'unico ambiente rimasto integro dopo il terremoto del 1783. E' interessante osservare che essa si differenzia notevolmente dalle altre parti del castello per tecnica di costruzione: presenta infatti una tipologia strutturale che ritroviamo in altre realizzazioni di età sveva come nei castelli di Bari, Brindisi, Rocca Janula, nella Torre dei Giganti di Monte S. Angelo o, in Calabria, nel castello di Nicastro.
L'esterno delle mura è realizzato da conci di calcare squadrati. Tale struttura a conci è visibile anche nell'angolo est, accanto all'ingresso, e sul lato nord.
La
chiesetta addossata alla torre poligonale venne eretta in un secondo momento:
infatti nella struttura muraria del suo abside è inglobata parte della
scarpa a conci della torre. Il lato nord-ovest, costituito da due torri circolari
e da una terza poligonale, pare risalire alla stessa epoca del muro perimetrale
orientale. Probabilmente in tale epoca venne edificato anche l'ingresso sud-ovest
del castello. Le trasformazioni del fronte nord-ovest, l'apertura del secondo
ingresso e l'aumento del numero degli ambienti interni, sembrano attribuibili
all'età angioina. Infatti dal 1277 una guarnigione angioina risiedette
al castello. In quest'epoca troviamo anche menzione della chiesetta.
L'ingresso a nord sembra risalire ad un terzo periodo, come fa pensare la doppia rampa di scale esterna, finalizzata ad un uso residenziale del castello. Furono i Pignatelli gli artefici delle trasformazioni residenziali della terza fase. Infatti a loro, che furono prima conti e poi duchi di Monteleone, il sovrano concesse il diritto di trasformare a piacimento sia il castello di Monteleone che quello di Bivona. E il castello rimase residenza ducale fino al terremoto del 1783 quando, a seguito prima del terremoto e poi dell'abolizione della feudalità, la costruzione venne adibita a caserma.