Situato su un costone roccioso a picco sul Tirreno, sul litorale del Golfo di S.Eufemia, il paese venne fondato, secondo alcuni, sul sito dell'antica Napitium. Nel XIV secolo divenne feudo di Ruggero di Lauria e in seguito dei Sanseverino, dei Ruffo e di altre potenti famiglie.

La costruzione del castello di Pizzo è legata agli eventi storici del periodo aragonese. Nel 1487 re Ferdinando I d'Aragona inviò in Calabria ordinanze al fine di ridurre all'obbedienza alcune terre del principe di Bisignano e di fortificare alcuni castelli marittimi in vista di una temuta invasione angioina, ad opera di Carlo VIII. Infatti il sovrano francese rivendicava i diritti sul regno di Napoli come eredità della dinastia angioina. Tra l'altro è menzionata anche Pizzo che viene sottratta al suo feudatario e presa in consegna dal sovrano. In realtà si trattava solo di un pretesto per destituire il feudatario e insediare al suo posto un ufficiale fedele alla corona. Infatti il conte di Mileto e feudatario di Pizzo, Carlo Sanseverino, aveva fatto parte, insieme al fratello Geronimo, principe di Bisignano, alla seconda congiura dei Baroni che, appoggiati da papa Innocenzo VIII, si erano ribellati al sovrano per deporlo. Nel 1486 venne stipulato un accordo tra il papa ed il sovrano, ma le congiure continuarono finché re Ferdinando catturò i cospiratori e li rinchiuse nel Castel Novo.

Quindi la vera causa della costruzione del castello non fu la necessità di far fronte alla minaccia turca, ma la volontà di creare un caposaldo fortificato in cui vi fossero uomini fidati in un territorio il cui feudatario si era ribellato al sovrano.

A Mileto venne insediato il capitano regio Nicola Donnorso e, nel 1488, furono iniziati i lavori per la costruzione della fortezza a Pizzo. A tale costruzione furono costretti a partecipare anche gli uomini delle vicine Università, con l'impiego dei loro buoi. La mancanza di manodopera nelle campagne e l'aggravio dei tributi accentuò lo stato di miseria delle popolazioni dell'area. Il castello venne completato nel 1492. Nel 1494, a causa della minaccia di invasione degli angioini, il nipote di Alfonso II, Carlo d'Aragona, luogotenente in Calabria Ultra, visitò il castello e decretò la costruzione di un luogo coperto per proteggere dall'acqua l'artiglieria, oltre al miglioramento del deposito di viveri del castello. La costruzione del castello di Pizzo si ricollega a quella dei castelli di Belvedere, Corigliano e Castrovillari, appartenenti a Girolamo Sanseverino: anch'essi furono eretti o ampliati dopo la congiura dei Baroni.

Nel 1495 il feudo di Mileto fu restituito Giacomo Sanseverino, ma nel 1505 il re Ferdinando il Cattolico lo diede a Diego de Mendoza come compenso per i servigi resi alla Corona. A lui succedettero i Silva, la famiglia cui apparteneva il duca dell'Infantado che ne rimase in possesso fino all'abolizione della feudalità, nel 1806.

L'antico castello conserva ancora oggi i suoi volumi compatti, costituiti da un massiccio corpo quadrangolare affiancato da due torri a tronco conico che danno verso l'abitato. La sua parte trapezoidale è invece a picco sul mare anche se la muratura appare molto degradata ed intaccata dalla vegetazione.

All'esterno è decorato da un redondone in pietra che divide la base scarpata dalla parte superiore. Il portone d'ingresso è fornito di ponte levatoio e la facciata presenta una struttura muraria che doveva originariamente essere ricoperta di intonaco, ma che oggi è nuda. Sul portale si trova lo stemma marmoreo della casa Infantado, che precedentemente era situato sulla parete est, e una lapide a ricordo di Gioacchino Murat.

Dei tre piani ricavati all'interno due sono al di sotto ed una al di sopra del redondone. Le torri, eccetto stretti passaggi che portavano alle aperture delle archibugiere, sono piene. Le antiche carceri cinquecentesche sono costituite da cinque vani ricoperti a volta, con aperture verso il mare e verso il centro abitato.

Tra gli interventi subiti dal castello vi è stato il rifacimento delle camere superiori in seguito al terremoto del 1783. Inoltre nel periodo francese, fu aggiunta una batteria in direzione del mare, a difesa della costa.

Il castello divenne famoso perché vi fu prima rinchiuso e poi fucilato, il 13 ottobre 1815, Gioacchino Murat in seguito al fallito tentativo di riconquista del Regno di Napoli. Fedele a Napoleone, Murat era riuscito a conquistare il regno di Napoli e il suo governo aveva portato buoni esiti sia in campo amministrativo che nel miglioramento dell'istruzione. Ma la sconfitta di Napoleone travolse inevitabilmente anche lui che nel 1815 tentò di riconquistare il regno con uno sbarco sulle coste della Calabria. Arrestato dai soldati di Ferdinando IV, fu rinchiuso nel castello di Pizzo e poi fucilato. Il castello divenne noto per queste vicende e fu meta di vari viaggiatori tra i quali Alexandre Dumas, che nell'autunno del 1835, durante il suo tour dell'Italia meridionale, volle visitare la prigione e il luogo ove Murat aveva vissuto i suoi ultimi giorni. Fu sempre Dumas, secondo quanto egli scrive nel suo diario, a portare una copia dell'ultima lettera scritta da Murat alla vedova di questi che in quel periodo dimorava a Firenze.

Tra le chiese di Pizzo, sono di particolare interesse:


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